Non ci si pensa, non se ne parla molto, ma la disabilità è una situazione comune a tutte le specie, non è esclusiva dell’essere umano. Anche agli altri animali può capitare per svariati motivi di perdere l’uso di una o più zampe, e di conseguenza non essere più autonomi in tutte le abitudini e quindi vivere con difficoltà.
E quando un animale (non-umano) perde la capacità di utilizzare le sue zampine, molto facilmente verrà dato per spacciato. I suoi umani non sapendo come affrontare il problema, saranno portati a pensare che l’eutanasia sia la soluzione migliore.
La parola Eutanasia significa “buona morte” (dal greco: [Eu] bene, [Thanatos] morte). La buona morte. Ma possiamo credere che esista sul serio una buona morte, quando non ti viene lasciato nemmeno il tempo di capire, il tempo di affrontare, di fare un tentativo. Quando non sono i dolori a fermarti, e nemmeno la malattia, ma solo l’incapacità di spostarti. O meglio l’incapacità del tuo umano nel trovare una diversa modo di affrontare la vita, diverso ma sempre insieme a te.
La verità è che oggigiorno fortunatamente esistono diversi tipi di alternative, che consentono anche all’animale disabile una vita ben più che dignitosa. Quello che serve è solo il coraggio nell’affrontare qualcosa che ancora non conosciamo, che forse esce un po’ dai soliti parametri e dalla nostra quotidiana immaginazione. E poi serve un pizzico di fantasia, che non guasta mai, per vivere in un modo tutto nuovo le faccende di ogni giorno.
Sono in molti a testimoniare che la vita a fianco di un animale disabile non è affatto problematica né tantomeno triste come probabilmente la si immagina. Sono le nostre stesse proiezioni a spaventarci, mentre la realtà è che loro (gli animali non umani) non sono vittime di un contesto sociale che considera la disabilità fisica una situazione umiliante e fatta di privazioni.
Se grazie a degli speciali ausili, viene data loro ancora la possibilità di muoversi, camminare, giocare come prima, gli animali non hanno motivo di sentirsi “diversi”. Recuperano velocemente la gioia di interagire con il mondo, si comportano in modo normale con gli altri animali, e questi faranno lo stesso con loro.
La crescente sensibilità verso specie diverse dalla nostra, ha permesso lo sviluppo di nuove conoscenze mediche e tecniche chirurgiche, in grado di affrontare e risolvere problematiche di ogni tipo.
Parliamo innanzitutto di zampine bioniche: protesi ortopediche che sostituiscono l’arto mancante, e dopo un’adeguata riabilitazione rendono possibile all’animale tutti i movimenti che gli sono più naturali.
Ipotesi che una volta sarebbero sembrate impossibili da realizzare, ora stanno diventando sempre più reali e concrete.
Naki'o, un cane che ha subito l’amputazione di tutte e quattro le zampe quando era cucciolo, cammina di nuovo grazie ad un set di zampe bioniche. Il cagnolino (dopo l’intervento, tristemente ribattezzato Robodog) era stato abbandonato in uno stagno ghiacciato riportando un gravissimo congelamento alle zampe, che gli sono state amputate per salvarlo dalla morte. L’'incontro con la veterinaria Christie Tomlinson ha cambiato la sua vita: per lui sono state progettate e realizzate quattro zampe artificiali, che gli vengono agganciate e gli permettono di camminare normalmente e ovunque, ma anche di correre, di saltare e di giocare con gli altri cani.
Oscar (foto in alto a destra) è una gatto inglese a cui una mietitrice aveva tranciato le zampine posteriori. Era il 2010, e Oscar è presto diventato il primo caso di “gatto bionico”. Prima di allora non erano mai stati fatti interventi di questo tipo su di un gatto, ma grazie a due avveniristiche protesi, e al Dott. Noel Fitzpatrick che ha fatto l’intervento, il piccolo felino ha potuto riprendere a camminare normalmente.
Aurora invece è una dolcissima storia tutta italiana. Anche lei vittima di un macchinario agricolo, era solo una cerbiatta quando accidentalmente le sono state tranciate due zampine. Prontamente salvata dal Centro di Recupero Animali Selvatici del Monte Adone (BO), e poi curata dal Dott. Zeira che si è impegnato per riuscire a far realizzare delle protesi su misura che potessero garantire alla giovane cerva una vita nel rispetto delle sue esigenze. Nell’agosto 2012 sono stati eseguiti due delicati interventi, al seguito dei quali Aurora ha potuto finalmente alzarsi sulle sue nuove zampe. Aurora, che ora è una splendida cerva, purtroppo non sarà mai più in grado di vivere libera in natura, ma fortunatamente ha a disposizione uno spazioso recinto al Centro di Monte Adone, in compagnia di Filippo, un cervo maschio che è cresciuto con lei. (Qui sopra, foto scattata al CRAS Monte Adone).
E che dire di Ottorino (foto sotto, con Esmeralda), oca maschio dal magico becco? La sua storia è così bella da essere già divenuta una fiaba per bambini. Una notte una volpe è entrata nel suo pollaio, e per difendere le galline Ottorino le si è scagliato contro, pagando però il suo coraggio con il proprio becco. L’aggressione aveva lasciato gravi danni, e senza becco gli era diventato impossibile nutrirsi e anche far rispettare il suo ruolo di “leader” all’interno del gruppo, cosicché doveva subire anche i continui attacchi del gallo!
È il settembre 2012, e ci troviamo in una fattoria di Montevarchi (AR). In soccorso di Ottorino è arrivato il Dott. Alberto Briganti, veterinario umbro che per l’occasione ha inventato e sperimentato con successo il primo esemplare di protesi in rame per il becco d’oca. Un’invenzione senza pari. «La storia di Ottorino – spiega – fa capire come nel mondo animale i soggetti affetti da patologia invalidanti, in particolar modo i protesici, reagiscano molto meglio e più velocemente ai traumi. Fin dal giorno successivo all’impianto, Ottorino ha potuto nutrirsi regolarmente, e in più ha ripreso tutta la sua autorevolezza all’interno del pollaio».
Lo stesso intervento è stato poi realizzato su un’altra oca con lo stesso problema, Esmeralda, e da questa esperienza è nato il marchio "Copperbeak", per dare vita ad una fondazione per la cura e il recupero di animali selvatici in difficoltà. «L'obiettivo della Fondazione è anche quello di garantire il benessere per tutta la durata della loro vita - ha spiegato il veterinario -. Copperbeak nasce con la volontà di essere un marchio etico, riunendo in sé i concetti fondamentali del legame affettivo che si crea tra l'uomo e l'animale, e il rispetto che si deve a tutti gli animali, non solo da compagnia ma anche da allevamento».
«Ottorino ed Esmeralda – continua Briganti - sono due animali da compagnia che ci sono stati portati dalle loro rispettive famiglie. La loro storia è già diventata una fiaba per bambini contro la discriminazione della diversità: nella trama emerge la fierezza di due piccoli d’oca per avere due genitori dal becco di rame. Intendiamo venderne i diritti per finanziare la fondazione, e con lo stesso obiettivo vogliamo dare in licenza il nostro marchio. Per la fiaba ci sono già interessi dal mondo dell'editoria, siamo riusciti ad avere anche alcuni contatti con la Walt Disney». Il veterinario ha poi parlato dei delicati interventi eseguiti in passato. «Abbiamo assistito tantissimi animali, lupi investiti, cervi che avevano filo spinato incastrato tra le corna, e abbiamo compiuto addirittura un cesareo a un'aquila che non riusciva a fare il suo uovo».
Ma noi andiamo oltre, ed incontriamo anche Theresa, una giovane mucca australiana, che si è ferita cadendo da un terrapieno, e che ora cammina nuovamente grazie ad un nuovo arto fatto di legno e fibra di vetro.
Motola (foto a sinistra), una femmina di elefante tailandese, che aveva perso una parte della zampa sinistra per aver camminato su una mina anti uomo, mentre lavorava trasportando legname in un accampamento lungo il confine col Myanmar, una zona piena di ordigni non esplosi. La stessa sorte è toccata a Mosha, cucciolo di elefante, ferito sempre da una mina. Entrambi sono stati curati e operati all'Elephant Hospital (struttura creata da Soraida Salwala nel 1993) dove gli sono stati impiantati degli arti meccanici.
Lieto fine anche per Chhouk, elefantino cambogiano: il piccolo ha perso una zampa dopo essere incappato in una trappola di bracconieri, ed è stato trovato in fin di vita nella jungla. Chhouk, che ha cinque anni, vive in una riserva nei pressi del Phnom Tamao Wildlife Rescue Centre in Cambogia (un centro per il salvataggio e la cura di animali selvaggi), e cammina ora con l'aiuto di una protesi che sostituisce i sedici centimetri di piede e zampa che ha perso nella trappola (guarda il video).
Insomma, non c’è limite all’immaginazione. Del resto, proprio lo stesso Walt Disney diceva: “Se puoi pensarlo, puoi farlo!”.
Un bell’esempio di come le capacità e le conoscenze (queste sì) esclusive dell’essere umano, possano essere realmente utili, e messe disposizione di tutti gli altri animali.
E dove non arrivano la chirurgia, le zampine bioniche e i becchi magici? Arriva solitamente una veloce spider a due ruote. Ma… questa è un’altra storia!